martedì 14 febbraio 2006

Modifiche al Codice Deontologico

Nell'assoluta mancanza di informazioni - preventive in ordine alla imminente emanazione e successive alla stessa - da parte degli organismi che chiamiamo "istituzionali", sono state introdotte rilevanti modifiche, prevalentemente "additive", del Codice deontologico forense. Le modifiche sono state approvate dal CNF nella seduta del 27 gennaio 2006; personalmente ne ho avuto conoscenza da una e-mail dell'Avv. Melica, Presidente del Centro Studi di Informatica Giuridica, che, in particolare, segnalava la novità con riferimento alle nuove regole relative ai siti web degli avvocati. (Ho potuto scaricare il testo delle modifiche dal sito Internet del CNF ed accedendo alla pagina "codice deontologico"; la pagina dei "comunicati stampa è ferma al 23 luglio 2004).
Per il resto, ad oggi, silenzio totale. Non ho sufficienti conoscenze delle regole e/o delle prassi seguite dal CNF nell'adozione di delibere aventi un simile contenuto e nell'acquisizione preventiva dei pareri dei Consigli degli Ordini; ritengo che, in mancanza di ulteriori specificazioni, le modifiche apportate al Codice Deontologico abbiano immediata applicazione e che dunque la maggior parte degli avvocati, almeno di quelli delle nostre contrade, non avendo in alcun modo notizia delle modifiche, vada inconsapevolmente incontro a comportamenti costituenti illecito disciplinare ovvero continui ad attenersi a norme che non sono più in vigore.
E' il caso, in particolare, della nuova formulazione dell'art. 22, nel quale è stato totalmente soppresso l'obbligo per l'avvocato di urgente informativa al Consiglio dell'Ordine di iniziative giudiziarie civili e penali da promuovere nei confronti del collega ed il correlativo istituto del "tentativo di conciliazione". La norma, che, almeno da parte del Consiglio dell'Ordine barese, è stata interpretata ed applicata in modo alquanto rigoroso e negli anni scorsi ha comportato l'impegno del Presidente o di Consiglieri dallo stesso delegati per le conseguenti comparizioni, l'attivazione di uno specifico settore degli uffici dell'Ordine e l'appesantimento dell'attività in sede disciplinare, è stata improvvisamente giudicata inutile o inopportuna ed il CNF ha ritenuto di limitare l'obbligo dell'avvocato che intenda promuovere un giudizio nei confronti di un collega ad una preventiva informazione allo stesso collega (non più al Consiglio), ma soltanto se il giudizio abbia per oggetto "fatti attinenti all'esercizio della professione".
Probabilmente la norma emendata era eccessivamente gravosa, soprattutto perchè - anche per fatti di minimo rilievo e comunque tali da non porre in pericolo il prestigio della classe forense e la dignità dell'avvocato interessato - imponeva all'avvocato che non volesse rischiare una sanzione disciplinare su esposto del collega destinatario dell'azione, l'attivazione del procedimento ex art. 22 e comportava una serie di attività del CDO assolutamente sproporzionate e determinava una spesso inopportuna, e comunque inutile, amplificazione della vicenda, della quale venivano a conoscenza una serie di persone che, per dovere del loro ufficio, dovevano occuparsene.
Si è passati così da un eccesso ad un altro, nel senso che alla stregua dell'art. 22 emendato l'avvocato che debba promuovere un giudizio nei confronti di un collega - ove non ritenga, per proprio stile e per un naturale rispetto del rapporto di colleganza, di avviare un preventivo contatto con l'interessato - potrà dar corso all'azione, anche per fatti di grossa rilevanza o riguardanti la sfera familiare del collega, senza dare a questi la minima informativa, salvo che il giudizio riguardi "fatti attinenti all'esercizio della professione".
Si dirà che, appunto, la norma non impedirà ad un avvocato dabbene di avvicinare preventivamente il collega destinatario dell'azione e di tentare per quanto possibile una conciliazione, anche senza la mediazione del Consiglio - che oggi, se investito, dovrebbe rifiutare di intervenire; ma considerando che ci si muove in una giungla sempre più pericolosa e piena, diciamo così, di insidie, quante volte accadrà che un giovane o meno giovane collega, ritenendo di doversi attenere esclusivamente alla norma scritta, promuova un giudizio nei confronti di un collega notificandogli direttamente un atto di citazione o un ricorso?
Ritengo che le rilevanti modifiche del Codice Deontologico meritino un'approfondita riflessione, non solo per l'argomento sul quale mi sono soffermato. Se non è consolante che il rispetto della deontologia debba sempre più essere basato su norme scritte, è comunque vero che con questo sistema oggi ci è dato di confrontarci.

10 febbraio 2005
L. Bonomo

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