lunedì 2 aprile 2007

Ricevo dall'avv. Giancarlo Russo Frattasi una "lettera" inviata alla Gazzetta del Mezzogiorno e mai pubblicata, la pubblico volentieri, in attesa di conoscere la V.tra opinione.
Potete scrivermi a realtaforense@gmail.com
avv. Giuseppe Santo Barile

Gentile Direttore,
in una “lettera” pubblicata il 29 novembre dalla “Gazzetta”, il lettore sig. Lops dichiarava di dissentire dall’articolo pubblicato il precedente 18 novembre a firma dell’avv. Antonio Giorgino in merito alla protesta degli avvocati contro la legge Bersani-Visco; e concludeva affermando che dello “sciopero degli avvocati” (per quanto sia perfettamente riuscito) la gran massa dell’opinione pubblica non si è nemmeno accorta, e comunque non vi ha dato alcuna importanza.

Si tratta di un intervento a mio avviso importante, che non può esser lasciato cadere nel vuoto da chi, come gli avvocati, ha sempre lamentato la difficoltà di coinvolgere i cittadini nei problemi che riguardano la giurisdizione, superando se possibile il pregiudizio –diffuso quanto infondato- secondo cui agli avvocati il processo “finché pende, rende”, per cui sono loro i colpevoli della inefficienza, ormai manifesta a tutti, della amministrazione della giustizia.

Ed ancor piò attuale appare l’argomento, dal momento che sono preannunciati, dal 14 al 16 dicembre prossimo, altre tre giornate di astensione degli avvocati dalle udienze, sempre per protestare contro la “Bersani-Visco” e la Finanziaria in corso di approvazione.

Allora dico subito che sono d’accordo col sig. Lops sul fatto che lo “sciopero” degli avvocati (cioè la astensione dalle udienze per una settimana nel novembre scorso) ha lasciato il tempo che ha trovato; anzi se mai ha attirato altre critiche sulla categoria, accusata di non subire alcun pregiudizio economico dallo sciopero, anzi di guadagnarci (sempre nella convinzione che più a lungo duri il processo, tanto più guadagnino gli avvocati). Altrettanto inutile sarà –è previsione facile- la ulteriore “tre giorni” di sciopero indetta dal 14 al 16 dicembre prossimi; ma il fatto è che non abbiamo altro mezzo per attirare la attenzione dei media e dell’opinione pubblica, e di esercitare una sia pur minima pressione su Governo e Parlamento.

Sono anche d’accordo col lettore sul fatto che non sia facile convincersi che “gli avvocati scioperano nell’interesse della gente”, anziché per difendere semplicemente, attraverso le tariffe obbligatorie, il livello dei propri compensi. E tuttavia è così, come ha scritto Giorgino, anche se la soluzione del teorema richiede vari passaggi logici, sui quali riflettere senza pregiudizi.

L’interesse dei cittadini mi sembra che sia: a) avere una giustizia che funzioni, sotto il profilo della qualità delle decisioni e della durata dei processi; b) avere una difesa tecnica (e cioè l’assistenza di un avvocato) di buona qualità; c) pagare il meno possibile. Ebbene, sul primo punto, la protesta degli avvocati (che, va ricordato, non è solo contro la “Bersani-Visco” ma anche contro i tagli al finanziamento della Giustizia previsti per i prossimi tre anni dalla Finanziaria) tutela ovviamente anche e soprattutto gli interessi dei cittadini; e su questo credo inutile soffermarsi.

Sul secondo punto (avere un difensore preparato ed onesto) il cittadino deve sapere che la laurea in giurisprudenza, sia pure conseguita presso una prestigiosa Università e col massimo dei voti, conferisce una preparazione di base del tutto insufficiente a consentire un esercizio professionale di livello minimamente affidabile. Pertanto, salvo una radicale riforma degli studi universitari impensabile nel breve periodo (e forse in assoluto), occorre continuare a studiare, frequentare lo studio di un professionista esperto, superare un esame di Stato e poi dotarsi di locali, collaboratori, strumenti, che consentano non solo l’esercizio della avvocatura, ma il continuo aggiornamento del sapere. Ciò comporta spese notevolissime, non sostenibili da chi non possa contare su un livello di retribuzione garantito da tariffe obbligatorie. In questo senso, il mantenimento delle tariffe costituisce per il cliente una garanzia di qualità della prestazione professionale; garanzia peraltro imperfetta, perché sta all’onestà del professionista l’investire una congrua parte dei suoi guadagni nelle attrezzature dello studio e nell’aggiornamento professionale. Su questo, un certo controllo può e deve essere esercitato solo dall’Ordine professionale (ente che secondo una concezione molto accreditata presso il Governo attuale costituirebbe invece ostacolo alla libertà di impresa ed alla concorrenza). Ed infatti l’Ordine assume (e paga, con i soldi degli iscritti e non dello Stato) un gran numero di iniziative dirette alla informazione ed all’aggiornamento professionale, e sorveglia il comportamento degli avvocati sotto il profilo della onestà e della correttezza, applicando sanzioni che vanno dall’”avvertimento” alla radiazione.

Concludendo sul secondo punto, al cittadino deve essere assicurato un avvocato di buona e costante qualità media; e mi riferisco soprattutto al cittadino “debole”, quello che deve scegliere l’avvocato leggendo le targhe sui portoni, o affidandosi alle informazioni raccolte in sala da barba; perché i soggetti “forti” sanno benissimo da soli quali avvocati scegliere, ed hanno i mezzi (ma li avevano anche prima della legge Bersani-Visco”) per contrattare onorari di favore.

Terzo ed ultimo punto: l’interesse del cittadino è quello di pagare il meno possibile per assicurarsi una assistenza legale. Ho già annotato, in proposito, che “pagare il meno possibile” ha un senso solo se riferito a prestazioni di valore sostanzialmente equivalente; perché chi paga poco per ricevere una prestazione cattiva o pessima non risparmia: compra, a prezzo vile, una prestazione che nel migliore dei casi non gli serve, e spesso lo danneggia, anche gravemente. Liberalizzare i prezzi, stimolare la concorrenza, agevolare i giovani va benissimo se si parla dello stesso prodotto, o di un prodotto di qualità equivalente; altrimenti, senza questa garanzia, si danneggia il consumatore e si facilitano i truffatori ed i taroccatori di griffes.

Analogo discorso riguarda la pubblicità che era già ammessa dal codice deontologico della avvocatura (purché non fosse ingannevole), ed oggi si vorrebbe estesa anche ai prezzi delle prestazioni professionali. Ora, diverso è fornire informazioni su dati oggettivi, come le dimensioni dello studio, l’elenco dei professionisti che vi lavorano, i titoli professionali posseduti da ognuno di essi, le materie prevalentemente trattate, il numero degli impiegati ed ogni altra informazione oggettivamente verificabile; diverso è proporre, attraverso offerte “al ribasso”, prestazioni professionali di qualità non verificabile in alcun modo.

In conclusione, l’interesse del cittadino è quello di poter contare su di una categoria professionale di cui gli siano garantiti i livelli minimi di professionalità e di correttezza. Solo a queste condizioni (oggi inesistenti) la liberalizzazione dei prezzi secondo il principio della concorrenza e del mercato rappresenterà per lui un effettivo vantaggio; altrimenti, ad una richiesta di bassi compensi corrisponderà con ogni probabilità una prestazione professionale di altrettanto bassa affidabilità, e quindi –per l’utente- non un vantaggio ma un prevedibile danno.

La Avvocatura chiede quindi una legge professionale che garantisca –attraverso nuove modalità di reclutamento e di formazione degli avvocati- il possesso, in tutti gli esercenti la professione forense, di livelli minimi garantiti e periodicamente verificati di competenza e correttezza. E poiché la avvocatura è solo una delle componenti di un “servizio giustizia” disastrato, chiede che Governo e Parlamento riformino finalmente l’ordinamento giudiziario, garantendo al cittadino anche la competenza, la laboriosità e la correttezza dei giudici, di carriera ed onorari; e fornisca alla Giustizia tutte quelle dotazioni, di uomini e mezzi, necessarie per assicurare al cittadino il riconoscimento, in tempi ragionevoli, dei propri diritti violati; il che oggi assolutamente non avviene.
Mi auguro che la “Gazzetta” ospiti e solleciti su questi temi un dibattito, quanto mai opportuno per rendere coscienti i cittadini dei problemi della amministrazione della giustizia, dalla cui soluzione dipende in larga misura la libertà e la dignità di ciascuno di noi.
La ringrazio e saluto molto cordialmente Giancarlo Russo Frattasi

(Presidente Camera Civile Bari)

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